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408 pensieri (348-349)

senza esperienza della verità, come quei lettori de’ poeti che sono senza esperienza di passioni, entusiasmo, sentimenti ec.; i quali,  (349) posto che intendano anche perfettamente il senso dei filosofi profondissimi che combattono, non intendono la verità che quivi si contiene e vi danno nettamente, precisamente e consideratamente per falso quello che voi saprete e sentirete ch’é vero, o viceversa. Del resto per intendere i filosofi, e quasi ogni scrittore, è necessario, come per intendere i poeti, aver tanta forza d’immaginazione e di sentimento e tanta capacità di riflettere da potersi porre nei panni dello scrittore e in quel punto preciso di vista e di situazione, in cui egli si trovava nel considerare le cose di cui scrive; altrimenti non troverete mai ch’egli sia chiaro abbastanza per quanto lo sia in effetto. E ciò, tanto quando in voi ne debba risultare la persuasione e l’assenso allo scrittore, quanto nel caso contrario. Io so che con questo metodo non ho trovato mai oscuri, o almeno inintelligibili, gli scritti della Staël, che tutti danno per oscurissimi. (22 novembre 1820).


*   Non basta intendere una proposizione vera, bisogna sentirne la verità. C’è un senso della verità, come delle passioni, de’ sentimenti, bellezze, ec.; del vero, come del bello. Chi la intende, ma non la sente, intende ciò che significa quella verità, ma non intende che sia verità, perché non ne prova il senso, cioè la persuasione.


*   L’Essai sur l’indifférence en matiére de religion, alquanto dopo il principio del capo V, nel luogo dove tratta delle origini storiche del deismo, dimostra i neri presentimenti che agitavano i capi della riforma intorno al futuro stato delle opinioni, della religione e dei popoli. Buon Dio, qual tragedia, esclamava uno di essi, vedrà mai la posterità! Pur troppo bene. Essi