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pensieri |
(296-297-298) |
del giusto, cosí anche questa stima suol eccedere i limiti in qualsivoglia cosa. Ora il giovane, per quanto è concesso all’uomo, è il vero possessor della vita; il vecchio la possiede come precariamente. 5°, Che la felicità o infelicità non si misura dall’esterno, ma dall’interno. Il vecchio per l’assuefazione è meno suscettibile (297) di mali e meno sensibile a quelli che gli avvengono; per l’estinzione dell’impeto e dell’inquietudine giovanile, meno bisognoso dei beni che gli mancano, meno vivo nei desiderii, piú facile a soffrir la privazione di ciò che desidera e a desiderar cose dove possa agevolmente esser soddisfatto. Laonde la vita del vecchio non è piú infelice di quella del giovane, anzi forse piú felice secondo la sesta considerazione. 6°, Che la vita metodica, tranquilla e inattiva non è penosa ma piacevole, quando s’accordi col metodo, calma e inattività dell’individuo. Certo il giovane muore in una tal condizione, ma la condizione ch’egli desidera, specialmente nello stato presente del mondo, è difficilissima o impossibile a conseguire. Egli non trova altro che il nulla da cui fugge; il vecchio lo desidera, lo cerca, lo trova come tutti gli altri di qualunque età, e a differenza delle altre età se ne compiace o almeno non se ne duole, o certo lo soffre con pazienza; e quando l’uomo è perfettamente paziente, allora non può non amar la vita, perché questa è amabile per natura. Aggiungete la tempesta delle passioni, dalla (298) quale il vecchio è libero, la tempesta del mondo, della società, degli affari, delle azioni, degli stessi diletti, quella tempesta nella quale il giovane, anche dopo averla sospirata in mezzo alla noia, sospira il riposo e la calma. Anzi è certo che lo stato naturale è il riposo e la quiete, e che l’uomo anche piú ardente, piú bisognoso di energia, tende alla calma e all’inazione continuamente in quasi tutte le sue operazioni. Osservate ancora che la vita metodica era quella dell’uomo primitivo, e la piú felice vita, non sociale,