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(223-224) | pensieri | 323 |
fetto di prima. — Tanto perfetto che, tolta la religione, gli è piú spediente il morire di propria mano che il vivere. Se la perfezione degli esseri viventi si misura dall’infelicità, va bene. Ma che altro indica il grado della loro perfezione se non la felicità? E qual altro è il fine, anzi la perfezione dell’esistenza? Il fatto sta che oggidí pare assurdo il richiamare gli uomini alla natura, e lo scopo vero e costante anche dei piú savi e profondi filosofi è di allontanarneli sempre piú, quantunque alle volte credano il contrario, confondendo la natura colla ragione. Ma anche non confondendola, credono che l’uomo sarà felice quando si regolerà intieramente secondo la pura ragione. Ed allora si ammazzerà da se stesso (23 agosto 1820). Vedi p. 358.
* Τὴν σωματικὴν ἄσκησιν συμβάλλεσθαι πρὸς ἀρετῆς ἀνάληψιν, conferre ad virtutem capessendam, era insegnamento della setta Cirenaica, o sia dei seguaci puri di Aristippo. Laerzio in Aristippo, l. 2. segm. 91 (23 agosto 1820).
Μηδέν τε εἶναι φύσει δίκαιον ἢ καλὸν ἢ αἰσχρὸν, ἀλλἀ νόμῳ καὶ ἔθει. Insegnamento della stessa setta. Ivi, segm. 93 (24 agosto 1820).
* Lord Byron nelle annotazioni al Corsaro (forse anche ad altre sue opere) cita esempi storici di quegli effetti delle (224) passioni e di quei caratteri ch’egli descrive. Male. Il lettore deve sentire e non imparare la conformità che ha la tua descrizione ec. colla verità e colla natura e che quei tali caratteri e passioni in quelle tali circostanze producono quel tale effetto; altrimenti il diletto poetico è svanito, e la imitazione, cadendo sopra cose ignote, non produce maraviglia, ancorché esattissima. Lo vediamo anche nelle commedie e tragedie, dove certi caratteri straordinari affatto, benché veri, non fanno nessun colpo. Vedi il discorso sui romantici, intorno agli altri oggetti d’imitazione.