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(188-189) pensieri 293

bero naturali, non parendo ch’ella convenga alla natura, quando però non ci siamo assuefatti come i toscani.


*   Notate che ne’ pazzi i piú malinconici e disperati è naturalissimo e frequente un riso stupido e vuoto, che non viene da piú lontano che dalle labbra. Vi prenderanno per la mano con guardatura profondissima e nel lasciarvi vi diranno addio con un sorriso che parrà piú disperato e piú pazzo della stessa disperazione e pazzia. Cosa però notabilissima anche nei savi ridotti alla intiera disperazione della vita, e massimamente dopo concepita una risoluzione estrema, che li fa riposare appunto in questa estremità d’orrore e li placa, come già sicuri della vendetta sopra la fortuna e se stessi (26 luglio 1820).


*   Nessun dolore cagionato da nessuna sventura è paragonabile a quello che cagiona una disgrazia grave e irrimediabile, la quale sentiamo ch’é venuta da noi e che potevamo schivarla, in somma al pentimento vivo e vero.


*   Cosí il bene come il male aspettato sono ordinariamente piú grandi che il bene o il male presente. La cagione di tutte due le cose è la stessa, cioè l’immaginazione determinata dall’amor proprio occupato nel primo caso dalla speranza, nel secondo dal timore.


*   Perché una cosa non piacevole per se stessa tuttavia (189) piaccia quando riesce inaspettata, in somma da che derivi il piacere della sorpresa considerata puramente come sorpresa, si spiega colla teoria della noia, esposta di sopra in questi pensieri. Perché l’uomo prova piacere ogni volta ch’é mosso potentemente, purché non dal timore o dal male. Perché poi il piacere inaspettato riesca ordinariamente maggiore del-