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pensieri |
(186-187-188) |
tria; e perché ne’ giardini inglesi parimente la varietà ci piaccia (187) in luogo della simmetria. La ragion vera è questa. I detti piaceri, e gran parte di quelli che derivano dalla vista, e tutti quelli che derivano dalla simmetria, appartengono al bello. Il bello dipende dalla convenienza. La simmetria non è tutt’uno colla convenienza, ma solamente una parte o specie di essa, dipendente essa pure dalle opinioni gusti ec. che determinano l’idea delle proporzioni, corrispondenze, ec. La convenienza relativa dipende dalle stesse opinioni gusti, ec. Cosí che dove il nostro gusto, indipendentemente da nessuna cagione innata e generale, giudica conveniente la simmetria, quivi la richiede; dove no non la richiede, e se giudica conveniente la varietà, richiede la varietà. E questo è tanto vero, che, quantunque si dica comunemente che la varietà è il primo pregio di una prospettiva campestre, con tutto ciò, essendo relativo anche questo gusto, si troveranno di quelli che anche nella prospettiva campestre amino una certa simmetria, come i toscani che sono avvezzi a veder nella campagna tanti giardini. E cosí noi per l’assuefazione amiamo la regolarità dei vigneti, filari d’alberi, piantagioni, solchi ec. ec. e ci dorremmo della regolarità di una catena di montagne ec. Che ha che far qui l’utile o l’inutile? perché quando sí, quando no, negli oggetti della stessa natura? perché in queste persone sí, in quelle no? Di piú quegli stessi alberi che ci piacciono collocati regolarmente in una piantagione, ci piaceranno ancora collocati senz’ordine in una selva, boschetto, ec. La simmetria e la varietà, gli effetti dell’arte e quelli della natura, sono due generi di bellezze. Tutti (188) due ci piacciono, ma purché non sieno fuor di luogo. Perciò l’irregolarità in un’opera dell’arte ci choque ordinariamente (eccetto quando sia pura imitazione della natura, come ne’ giardini inglesi), perché quivi si aspetta il contrario; e la regolarità ci dispiace in quelle cose che si vorreb-