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226 pensieri (114-115-116)

quando inclinarono alla barbarie, cioè a tempo della tirannia. E (115) parimente negli anni che la precedettero i romani aveano fatti infiniti progressi nella filosofia e nella cognizione delle cose, ch'era nuova per loro. Dal che si deduce un altro corollario, che la salvaguardia della libertà delle nazioni non è la filosofia né la ragione, come ora si pretende che queste debbano rigenerare le cose pubbliche, ma le virtú, le illusioni, l'entusiasmo, in somma la natura, dalla quale siamo lontanissimi. E un popolo di filosofi sarebbe il piú piccolo e codardo del mondo. Perciò la nostra rigenerazione dipende da una, per cosí dire, ultrafilosofia, che conoscendo l'intiero e l'intimo delle cose, ci ravvicini alla natura. E questo dovrebb'essere il frutto dei lumi straordinari di questo secolo (7 giugno 1820).


*   La barbarie non consiste principalmente nel difetto della ragione ma della natura (7 giugno 1820).


*   Gli esercizi con cui gli antichi si procacciavano il vigore del corpo non erano solamente utili alla guerra, o ad eccitare l'amor della gloria ec. ma contribuivano, anzi erano necessari a mantenere il vigor dell'animo, il coraggio, le illusioni, l'entusiasmo che non saranno mai in un corpo debole (vedete gli altri miei pensieri), in somma quelle cose che cagionano la grandezza e l'eroismo delle nazioni. Ed è cosa già osservata che il vigor del corpo nuoce alle facoltà intellettuali e favorisce le immaginative, e per lo contrario l'imbecillità del corpo è favorevolissima al riflettere (7 giugno 1820), e chi riflette non opera e poco immagina, e le grandi illusioni non son fatte per lui.


*    (116) La superiorità della natura sulla ragione si dimostra anche in questo, che non si fa mai cosa con