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(104-105) | pensieri | 215 |
* Dopo che l’eroismo è sparito dal mondo e invece v’é entrato l’universale egoismo, amicizia vera e capace di far sacrificare l’uno amico all’altro, in persone che ancora abbiano interessi e desideri, è ben difficilissimo. E perciò quantunque si sia sempre detto che l’uguaglianza è l’una delle piú certe fautrici dell’amicizia, io trovo oggidí meno verisimile l’amicizia fra due giovani che fra un giovane, e un uomo di sentimento già disingannato del mondo, e disperato della sua propria felicità. Questo non avendo piú desideri forti è capace assai piú di un giovane d’unirsi ad uno che ancora ne abbia, e concepire vivo ed efficace interesse per lui, formando cosí un’amicizia reale e solida quando l’altro abbia anima da corrispondergli. E questa circostanza mi pare anche piú favorevole all’amicizia che quella di due persone egualmente disingannate, perché, non restando desideri né interessi in veruno, non resterebbe materia all’amicizia, e questa rimarrebbe limitata alle parole e ai sentimenti ed esclusa dall’azione. Applicate questa osservazione al caso mio col mio degno e singolare amico, e al non averne trovato altro tale, quantunque conoscessi ed amassi e fossi amato da uomini d’ingegno e di ottimo cuore (20 gennaio 1820). (105)
* E una delle gran cagioni del cangiamento nella natura del dolore antico messo col moderno, è il Cristianesimo, che ha solennemente dichiarata e stabilita, e per cosí dire attivata, la massima della certa infelicità e nullità della vita umana, laddove gli antichi come non doveano considerarla come cosa degna delle loro cure, se gli stessi Dei, secondo la loro mitologia, s’interessavano sí grandemente alle cose umane per se stesse, e non in relazione a un avvenire, erano animati dalle stesse passioni nostre, esercitavano particolarmente le nostre stesse arti (la musica, la poesia ec.), e insomma si occupavano intieramente