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(102-103) pensieri 213

mento e fine, non ha tanta forza di attristarci né di dileguare le illusioni che d’età in età ci consolano. Ed osserviamo quanto sia terribile in un vecchio, per esempio d’ottanta anni quel sapere determinatamente che dentro dieci anni al piú egli sarà sicuramente estinto: cosa che ravvicina la sua condizione a quella di un condannato, e toglie infinitamente a quel gran benefizio della natura d’averci nascosto l’ora precisa della nostra morte, che veduta con precisione basterebbe per istupidire di spavento e scoraggiare tutta la nostra vita.


*   Ci sono tre maniere di veder le cose. L’una e la piú beata, di quelli per li quali esse hanno anche piú spirito che corpo; e voglio dire degli  (103) uomini di genio e sensibili, ai quali non c’é cosa che non parli all’immaginazione o al cuore, e che trovano da per tutto materia di sublimarsi e di sentire e di vivere, e un rapporto continuo delle cose coll’infinito e coll’uomo, e una vita indefinibile e vaga; in somma di quelli che considerano il tutto sotto un aspetto infinito e in relazione cogli slanci dell’animo loro. L’altra, e la piú comune, di quelli per cui le cose hanno corpo senza aver molto spirito; e voglio dire degli uomini volgari (volgari sotto il rapporto dell’immaginazione e del sentimento, e non riguardo a tutto il resto, per esempio alla scienza, alla politica ec. ec.), che senza essere sublimati da nessuna cosa trovano però in tutte una realtà, e le considerano quali elle appariscono e sono stimate comunemente e in natura, e secondo questo si regolano. Questa è la maniera naturale, e la piú durevolmente felice, che senza condurre a nessuna grandezza, e senza dar gran risalto al sentimento dell’esistenza, riempie però la vita di una pienezza non sentita, ma sempre uguale e uniforme, e conduce per una strada piana e in relazione colle circostanze dalla nascita al sepolcro. La terza, e