Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
(97-98) | pensieri | 207 |
* Una delle cose piú dispiacevoli è il sentir parlare di un soggetto che c’interessi, senza potervi interloquire. E molto piú se ne parlano a sproposito, o ignorando una circostanza, un fatto ec. che noi potremmo narrar loro, o in contraddizione coi nostri sentimenti, in maniera che vengano a concludere il contrario di quello che noi stimiamo o sappiamo. Il che è penoso anche quando la cosa non ci riguardi in nessun modo personalmente, né anche c’interessi. Ma soprattutto s’ella ci riguarda o interessa, è veramente opera da uomo riflessivo lo schivare questi tali discorsi in presenza, per esempio, di domestici che non vi potrebbero metter bocca, o di altri inferiori; i quali sentendo toccare il tasto che è loro a cuore, senza potervi avere nessuna parte attiva, ne proverebbero molta pena, attaccandosi come farebbero intieramente e con grande studio alla passiva di ascoltare, non ostante l’inquietudine che sfuggirebbero rinunziando anche a questa parte, il che però non ci è possibile.
* Si suol dire che per ottenere qualche grazia è opportuno il tempo dell’allegrezza di colui che si prega. E quando questa grazia si possa far sul momento, o non costi impegno ed opera al supplicato, convengo anch’io in questa opinione. Ma per interessar chicchessia in vostro favore, ed impegnarlo a prendersi qualche benché piccola premura di un vostro affare, non c’è tempo piú assolutamente inopportuno di quello della gioia viva. Ogni volta che l’uomo è occupato da qualche passion forte, è incapace di pensare ad altro; ogni volta che o la sua propria infelicità o la sua propria fortuna l’interessano vivamente e lo riempiono, è incapace di pigliar premura de’ negozi delle infelicità dei desiderii altrui. Nei (98) momenti di gioia viva o di dolor vivo l’uomo non è suscettibile né di compassione né d’interesse per gli altri; nel dolore perché il suo male l’occupa piú dell’altrui; nella