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196 | pensieri | (85-86) |
* Quando le sensazioni d’entusiasmo ec. che noi proviamo non sono molto profonde, allora cerchiamo di avere un compagno con cui comunicarle, e ci piace il poterne discorrere in quel momento (secondo quella osservazione di Marmontel che vedendo una bella campagna non siamo contenti se non abbiamo con chi dire: la belle campagne!), perché in certo modo speriamo di accrescere (86) il diletto di quel sentimento e il sentimento medesimo con quello degli altri. Ma, quando l’impressione è profonda, accade tutto l’opposto perché temiamo, e cosí è, di scemarla e svaporarla partecipandola, e cavandola dal chiuso delle nostre anime per esporla all’aria della conversazione. Oltre ch’ella ci riempie in modo, che, occupando tutta la nostra attenzione, non ci lascia campo di pensare ad altri né modo di esprimerla, volendosi a ciò una certa attenzione che ci distrarrebbe, quando la distrazione ci è non solamente importuna, ma impossibile.
* Dice la Staël, (Corinne liv. 18, ch. 4) parlando «de la statue de Niobé: sans doute dans une semblable situation, la figure d’une véritable mére serait entièrement bouleversée; mais l’idéal des arts conserve la beauté dans le désespoir; et ce qui touche profondément dans les ouvrages du génie, ce n’est pas le malheur même, c’est la puissance que l’âme conserve sur ce malheur.» Bellissima condanna del sistema romantico, che, per conservare la semplicità e la naturalezza e fuggire l’affettazione, che dai moderni è stata pur troppo sostituita alla dignità facile agli antichi ad unire colla semplicità che ad essi era sí presente e nota e propria e viva, rinunzia ad ogni nobiltà; cosí che le loro opere di genio non hanno punto questa gran nota della loro origine, ed essendo una pura imitazione del vero, come una statua di cenci con parrucca e viso di cera ec. colpisce molto meno di quella che insieme colla semplicità e natu-