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162 | pensieri | (54-55) |
schivò affatto; anzi l’argomento suo fu pure in certo modo greco, (cosí le Buccoliche e le Georgiche di titolo e derivazione greca), oltre le tante imitazioni d’Omero ec. ma procurò quanto piú poté di tirarlo al nazionale, e spesso prese occasione di cantare ex professo i fatti di Roma. Similmente Orazio, uomo però di poco valore in quanto poeta, fra tanti argomenti delle sue odi derivate dal greco, prese parecchie volte a celebrare le gesta romane. Ovidio nel suo gran poema, cioè le Metamorfosi prese argomento tutto greco. Scrisse però i fasti di Roma ma era opera piuttosto da versificatore che da poeta, trattandosi di narrare le origini, s’io non erro, di quelle cerimonie, feste ec., in somma non prese quei fatti a cantare, ma cosí, come a trastullarcisi. Del resto la letteratura latina si risentí bene dello stato di Roma colla magniloquenza, che, si può dire, aggiunse alle altre proprietà dell’orazione ricevute da’ greci, e a qualcune sostituí; qualità tutta propria de’ latini, come nota l’Algarotti, colla nobiltà e la coltura dell’orazione del periodo ec., molto maggiore che non appresso gli antichi greci classici, eccetto, e forse neppure, Isocrate.
* Una prova di quello che ho detto di sopra intorno alle lettere, o piuttosto un esempio, è l’u gallico (fino una vocale) sconosciuto a noi italiani (55) settentrionali, e non so se ai latini e a quali altri stranieri presentemente. Il quale fu proprio interamente dell’alfabeto greco (e non so se dicano lo stesso del vau ebreo), come ora è proprio del francese; e come l’u nostro appresso questi è formato dall’ou, cosí appuntino fra i greci, eccetto che questi l’hanno anche ne’ dittonghi αυ ευ ηυ ωυ, dove i francesi in nessun altro. Il che, se non c’è altra ragione in contrario, credo che i francesi (dico tanto quest’u detto gallico quanto esso dittongo ou) l’abbiano avuto dalla Grecia nelle spedizioni che fecero colà, quando fondarono la Gallogre-