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154 | pensieri | (48-49) |
nemica della natura che l’arida geometria, le toglie tutta la naturalezza e la naïveté e la popolarità (onde nasce la bellezza), e la grazia e la venustà e proprietà, ed anche la forza e robustezza ed efficacia, mancando anche questa assolutamente al linguaggio tecnico che non fa forza col linguaggio, ma con quello che risulta dalle parole, cioè col significato loro e coll’argomento e ragione o col concetto spiegato freddamente con esse. (49)
* La favola del pavone vergognoso delle sue zampe pecca d’inverisimile anzi d’impossibile, giacché non ci può esser parte naturale e comune in verun genere d’animale, che a quello stesso genere non paia conveniente, e quando sia nel suo genere ben conformata non paia bella: giacché la bellezza è convenienza, e questa è idea ingenita nella natura; quali cose però si convengano, questo è quello che varia nelle idee non solo dei diversi generi di animali, ma eziandio degl’individui di uno stesso genere; come, negli uomini, agli etiopi (per non uscire dalla bellezza del corpo) par bello il color nero, il naso camoscio, le labbra tumide, e brutti i contrari che a noi paion belli, e tra i bianchi questa e quella nazione si diversifica assaissimo nel valutar come bella questa o quella forma che all’altra nazione dispiacerà. Ma che la natura abbia fatto parte stabile ed essenziale di verun genere animalesco che a quello stesso genere paia brutta è impossibile, giacché non è possibile che un genere non abbia nessuno cui stimi bello, e questo vediamo parimente nella specie; e le stesse differenze ch’io ho notate nei giudizi degli uomini provengono dalla differente forma loro, come negli etiopi, lapponi, selvaggi, isolani di cento figure ec. E le altre differenze, come nello stimar piú l’occhio ceruleo che il nero ec., versano non intorno a cose stabili e immutabili, ma, com’è chiaro da questo esempio, mutabili e differenti