* Emulo impotente di Pindaro il Guidi cercò la grandezza e per trovarla si raccomandò anche agli οrientali e tolse piú forme e immagini dalla scrittura, ma gli mancò la forza sufficiente di fantasia; né in lui trovo nessuna novità se non per rispetto al suo secolo, avendo sfuggito benché non affatto, le seicentisterie. Nudo intierissimamente d’affetto, in verità non si può dire che abbia disuguaglianze, perché tutte quante le sue canzoni sono coperte si può dire ugualmente di uno strato di perfetta e formale mediocrità e freddezza. Io non so come si possa dire che abbia trasportato ne’ suoi versi il fuoco e l’entusiasmo di Pindaro, (cosí la Biblioteca Italiana num. 8, Bibliografia), quando io, lette tutte le sue canzoni, mi trovo come un marmo; e si vede bene ch’egli cerca di grandeggiare e d’innalzarsi, ma la sua grandezza né si communica col lettore innalzandolo, né lo percuote e stordisce, restando non dico gonfia (perché in verità il suo difetto non è la turgidezza) ma vòta e senza effetto; e questo per due cagioni. L’una la debolezza della sua fantasia, che non gli suggeriva spontaneamente e copiosamente cose grandi, l’altra (che in parte o tutta si riferisce alla prima e solamente è piú speciale) che i suoi sublimi, che sono sparsi a larghissima mano per tutte le sue canzoni, non sono formati rapidamente dalla scelta τῶν άκρῶν λημμάτων, come dice Longino, come fa Pindaro e Omero e il Chiabrera, con che vengono ad ἐπιπλήττειν il lettore e te lo strascinano e sbalzano qua e là stordito e confuso a voglia loro; ma sono composti placidissimamente di lunghe enumerazioni di cose, di parti, d’immagini accozzate e messe una dopo l’altra ordinatamente e in simmetria, senza rapidità di stile e freddamente, sí che, quantunque le immagini, metafore ec. stieno in regola e però non ci sia turgidezza, con tutto ciò non fanno altro che un gran fresco, perché il sublime non si può formare in quel modo. Insomma ha bisogno di una pagina per formare un