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fate piú di giustizia.

Dopo un mondo sconfitto, a voi dovete
l’onor della vittoria;
e se il dovete altrui, dite, o guerrieri,
qual è il cesare vostro?
chi il vostro duce? e chi dá leggi a Roma?
Come? Lucio? e da chi poc’anzi ottenne
il titolo d’Augusto? A lui noi diede
forse il mio genitor? Sol la mia destra
cesare noi facea? S’ei la rifiuta,
qual ragion sull’impero
piú gli riman? L’ubbidirete allora
ch’è infedele ad Aurelio?
che i numi offende? e i giuramenti obblia?
No, romani, noi credo. Ornai confido,
vilipesa da lui, da lui negletta,
alla vostra virtú la mia vendetta.
Coro di Romani. Viva Lucilla! viva!
Claudio. Principessa, condona. È grave il torto
che da Lucio ricevi. Ei l’ire esige
da quest’anime grandi, e le vendette.
Ma che? punir si denno
piú del ripudio tuo le leggi offese.
Si, romani, ricorso
fan queste a voi. Con gl’imenei vietati
le trascura un tiranno e le calpesta.
Quando mai col latino
misto il sangue stranier Roma sofferse?
Qual fra le nostre leggi
piú di questa sin or sacra ed intatta
passò fra noi? de’ nostri Augusti ancora
chi violarla osò? Giulio pur arse
per la bella d’ Egitto alta regina,
ma il Lazio non la vide, ed ella, intanto
ch’ei dava leggi a Roma,
il suo vedovo letto empiè di pianto.