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38 | i - il narciso |
quando forse non basti
a uccidermi, a svenarmi il dolor mio.
Ecco, pago i tuoi voti,
ecco ch’io parto. Ingrata ninfa, addio!
(mostra partire e Cidippe il trattiene)
Cidippe. Ferma, Uranio!
Uranio. Che chiedi?
Cidippe. (Ohimè, qual vista!
qual rimembranza, qual orror mi turba!)
Uranio. (Seco ragiona.) (a Cidippe) Io parto, o ninfa.
Cidippe. Ah, ferma!
(Ei m’è fedele; io pur l’amai. Sprezzarlo
perché, infido mio core? in che ti offese?
Forse col troppo amarti?)
Uranio. (Mi guarda e impallidisce. Amor m’aita.)
Cidippe. (guardando Uranio) (Esci pur dal mio petto,
o Narciso spietato.
Perché deggio piú amarti?
Io ti adorai, tu mi sprezzasti ingrato.
Ritorni Uranio, onde il cacciai. Ritorni
a questo seno. Il genitor lo impone,
gratitudine il chiede.
Dove piú speri, o core,
ritrovar tanto amore e tanta fede?)
Uranio. Sofferir piú non posso.
Addio, ninfa!
Cidippe. Ove vai?
Uranio. Lascia ch’io parta.
Cidippe. Deh, ferma, ascolta. E tanto
sdegno improvviso a tanto amor succede?
Uranio. Troppo ti son noioso.
Cidippe. Ah, non so come
tu piú quello non sei.
Ferma!
Uranio. Lascio il tuo cor nel suo riposo.