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atto quarto 35


quella pietá che ora ti nego amante.

Eco. Come, amante? E di chi?
Narciso.   Ninfa, in me vedi
un delirio di amor, mostro il piú strano
che concepir si possa.
Nell’amor tuo ti son rival. Mi struggo
per la beltá che t’arde.
Fece le nostre piaghe un sol sembiante;
tu per me solo avvampi,
sol di me stesso anch’io mi trovo amante.
Eco. Eh Narciso, Narciso!
Com’esser può?
Narciso.   Cosí non fosse! Amore
cosí dovea punir la mia fierezza
e le vendette sue far col mio volto.
Eco. Getta il folle pensiero. Ama a chi puoi
donar gli amplessi tuoi;
se il merta la mia fé, mira i miei lumi;
ivi amor col suo dardo
ha il tuo sembiante impresso,
e se amar me non vuoi,
almeno entro a’ miei lumi ama te stesso.
Narciso. Se non si placa amor, cangiar non posso
di affetto e compiacerti.
Addio, m’è forza abbandonar la vista
di quella fonte ov’io bevei quel foco
che mi divora e sface.
Addio, mostro di amore,
torno alle selve e tu rimanti in pace.
          Vado co’ miei martiri
               a balze indomite
               a selve inospite
               vado a insegnar pietá.
          Al suon de’ miei sospiri
               il sasso gelido
               il tronco rigido
               forse sospirerá.