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atto quarto 33


che sul tuo labbro un dolce bacio imprima.

  (si accosta per baciarsi nell’acque)
Oli pietá che m’avviva!
Mi accosto, e tu ti accosti;
porgo il labbro, e tu il porgi;
ti bacio, e tu mi baci. Ahi, l’onda iniqua
su l’avida mia bocca il bacio rompe
e dolor tu ne mostri eguale al mio.
  (si ritira sdegnoso)
Deh, stendi il braccio, ond’io ti tragga almeno
fuor dell’invida fonte, e in seno al prato
meglio poi ti vagheggi. (stende il braccio alla fonte)
  Ecco cortese
tu mi stendi ’l tuo braccio, io stendo il mio;
io ti traggo e tu vieni.
Ahi, che l’onda frapposta
mi ti toglie di novo; (ritira il braccio sdegnoso e dolente)
e tu frattanto
che ridesti al mio riso, or piangi al pianto.
Ma di chi mi querelo?
Folle! quello son io, giá mi ravviso;
quella è la bocca mia, quelli i miei lumi.
Narciso ama Narciso!
Oh portento d’amore! Oh stolti voti!
Bramo ciò che possiedo
e povero mi rende il mio possesso.
Esca e focile, accendo il foco e n’ardo,
scopo insieme ed arcier, piago me stesso.

SCENA II

Eco e Narciso.

Eco. O smarrita hai la fiera o il colpo errasti,

o a te spuntossi in qualche tronco il dardo,
bellissimo Narciso,