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26 i - il narciso


Eco.   Non piú; giá intendo.

Narciso. Che?
Eco.   In linguaggio piú muto il tuo pensiero
quanto il labbro è pietoso il guardo è fiero.
          La pietá che giura il labbro
               nega il ciglio e mi spaventa.
          Tu lusinghi i mali miei;
               ma in conoscer qual tu sei
               la lusinga mi tormenta.

SCENA IV

Narciso e Cidippe.

Narciso. Certo amante è costei. Certo obbliata

ha la natia fierezza e di cotanta
viltá ha rossor, non pentimento. Tace
per timor d’irritarmi e piú s’attrista.
Cosí fiamma vorace
cresce sepolta e maggior forza acquista.
Cidippe. Narciso, idolo mio!
Narciso.   Ninfa, una volta
lascia d’importunarmi, o ch’io m’involo.
Cidippe. Ferma, crudele, il passo!
Forse ti chiedo amor? Chiedo che solo
tu ascolti ’l mio martire,
tu vegga il mio morire.
Narciso. Odi, o Cidippe. Uranio t’ama e langue
misero, addolorato.
Tu, che non l’ami? e chi tel vieta?
Cidippe.   Il fato.
Narciso. Qual fato ora ti fingi?
Cidippe. Quello de’ tuoi begli occhi, ove due stelle
con influsso nimico