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18 i - il narciso


Narciso. Cosí dolente, Uranio?

Uranio. Gentil Narciso, oh Dio!
Narciso. La tua pena è d’amor. Lesbin me’l disse,
e il pallor del tuo volto.
Uranio.   Ardo per ninfa
la piú ingrata e sleal che viva in queste
boscherecce capanne, albergo un tempo
d’innocenza e di fede, ed or d’inganno.
Narciso. Ella è Cidippe?
Uranio.   Il nome
ne ripetei piú volte agli antri, a’ boschi,
e piú volte ne’ tronchi,
men duri del suo cor, lo incise questo
meno degli occhi suoi dardo pungente,
dono della sua man, pegno di amore.
Lesbino. Non disperarti; hai chi pietá ne sente.
Narciso. Parti, sará mia cura,
benché di amor sia poco avvezzo all’arti,
il placar la tua ninfa, il consolarti.
Uranio. Il ciel, poich’io non posso,
il ciel per me grazie ti renda almeno.
Eco. (V’è pur qualche pietá dentro quel seno.)
Uranio.   Vien serpendo
               nel mio petto
               un diletto
               lusinghiero
               che consola il mio cordoglio.
          Col piacer della speranza
               la baldanza
               de’ tormenti
               va perdendo
               il fiero
               orgoglio.