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atto secondo | 17 |
piú di serpe e di mostro,
terribile, importun, tu ancora tenti
nel bollor del mio sdegno
la sofferenza mia? Partiti, fuggi!
Uranio. In che ti offesi?
Cidippe. E che? vinta mi credi
da un paterno comando? È questo il modo
di farti amar? La forza
piú che una lunga servitú ti affida?
Cosí t’insegna amor? Partiti, fuggi!
Uranio. Il tuo rigor...
Cidippe. Non cede
a sí deboli assalti; e non sí tosto,
ciò che ti nega il cor, t’impetra il padre.
Uranio. Deh, per l’antico ardor, ninfa, mi ascolta:
son io pur quegli stesso
che ognor ti amò, che tu altre volte amasti;
questo è pure quel sen, questo è quel volto...
Cidippe. Che follie mi rammenti? Eh, che sei stolto!
Quando ti amai?
Quando giurai
a te la fede? Sei mentitor!
Se mai diss’io
che tu sol eri l’idol mio,
parlai col labbro, ma non col cor.
SCENA IV
Uranio, poi Narciso, Lesbino ed Eco.
e i giuramenti obblia. Miseri amanti! .
E qual fé vi sognate in cor di donna?
Ah, Cidippe infedele! ah, sesso ingrato!