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Eleno. Altro n’ hai o migliore ?

L’addita. Occupi il misero i presidi;
il felice li scelga.
Andromaca. Cedo. Entrambi raccolga il sacro avello,
e d’Ettore, con cui
e stette Troia e cadde, alle profane
mani anche l’ombra formidabil sia.
Eleno. L’incarco a me. Te amor tradir potria.
Sgombra il timor;
piú che non pensi, ho in cor
fede e dover per te.
Taccio, e piú dir vorrei;
ma forse offenderei
il debito e la fé.

SCENA VII

Andromaca.

Ettore, oh primo, oh solo

mio amor, dal lieto Eliso,
ove cerchio ti fan l’al tre grand’alme,
in me t’affisa; e mentre
incontro mi vedrai frode e periglio,
reggi la madre e custodisci il figlio!
Libertá, marito e trono
fur miei beni, e mali or sono;
e se il figlio che mi resta
copre ornai tomba funesta
dirò ancor: non son piú madre.
Chi’l diria? L’iliaco erede
altro scampo a sé non vede
contra un odio iniquo e fello
che l’orror d’un cieco avello
e la grande ombra del padre.