Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/214

pur ti ritrovo, pur tua destra io bacio.

(corre a baciar la mano ad Ulisse senza lasciarsi vedere
in faccia)
Ulisse. (ritirandosi alquanto)
Stranier, chi sei?
Eumeo. Con questo
nome piú non chiamasti il tuo buon servo.
Ulisse. (il guarda fisso) La voce... il noto volto...
parmi. .. si, fido Eumeo... si, che sei desso.
(va ad abbracciarlo)
Piansi tua morte, e vivi; e forse il mio
Telemaco ancor vive.
Eumeo. Piacesse al ciel ! Vana speranza !
Ulisse. Ah, figlio!
Qual fior cadesti sul mattin reciso.
Oh stesse Troia ancor! Poco or ne avanza,
vii compenso al gran danno.
Eumeo. Andromaca ti resta
per cui miseri siam. Si, in lei rivolgi
l’odio e vendica i mali. Ella mi fece
col fanciullo rapir d’Itaca al lido,
volge or appunto il tredicesim’anno.
Ulisse. Anno in cui sciolsi a unir la Grecia in armi,
tutta dal frigio drudo offesa in Sparta.
Eumeo. E tratti in Ilio, ella, noi visti appena:
«Vanne, uom greco, mi disse, a me in balia
resti il destin del pargoletto. Ei figlio
è del nimico Ulisse; or son contenta;
va, piú noi rivedrai.»
Ulisse. O non donna, ma furia. E tu si tardo
perché recarne il doloroso annunzio?
Eumeo. Scoglio, dall’onde cinto, esul mi tenne
da’ regni della vita e della morte.
Ulisse. E del figlio i rei casi onde sapesti?
Eumeo. Piú volte, o Dio! da’ miei custodi...
Ulisse. In tanta