Pagina:Zeno, Apostolo – Drammi scelti, 1929 – BEIC 1970951.djvu/167

Né piú si tardi. Amici,

a me l’onor del primo colpo.
Sallustia. Ah, padre,
chi piú offesa di me? Chi piú oltraggiata?
Stanca di tante ingiurie
è la mia sofferenza. Anche a me un ferro,
perché teco compagna io venga all’opra.
Marziano. Figlia, abbastanza rea sei del mio sdegno.
La salvasti dal tosco.
Sallustia. E la salvai
per aver parte anch’io nella vendetta.
A me le offese mie punir si aspetta.
Giulia. Tanto si dura a dar la morte a un solo?
Sallustia. Padre, un acciar. Tel chiede
P ira insieme e l’amor.
Marziano. (dá la spada a Sallustia e ne prende un’altra di mano
dalle guardie) Prenditi il mio,
o magnanima figlia. A me non manca
di armar questo braccio. Altro ne impugno,
Su via, figlia, ti affretta.
Il nostro sdegno è impaziente.
Sallustia. Aspetta.
(a Giulia) E tu or vedrai qual sia Sallustia. Quella
condannata al ripudio,
riservata all’esiglio,
quella giá imperatrice e poi vii serva,
derisa, minacciata
alla mensa, all’aspetto
di Roma tutta; or vedrai qual sia.
Giulia. Qual sempre fu, sempre nimica mia.
Marziano. Mòri, o donna superba. Alcun non veggio
riparo al tuo destin.
Sallustia. Ben lo vegg’ io;
(si volta improvvisamente verso Marziano col ferro, in atto
di voler difender Giulia)
ed al seno di Augusta è scudo il mio.
A. Zeno, Drammi scelti . 11