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So che dono al vostro affetto

un momento di diletto
col lasciarvi in libertá.
Ma piú fier sará il mio sdegno,
se quel cor tornerá indegno
e di grazia e di pietá.

SCENA II

Alessandro e Sallustia.

Alessandro. Sallustia!

Sallustia. Ah, mio Alessandro,
forza è ch’io segua Augusta e ch’io ti lasci.
Alessandro. Con un solo tuo accento
puoi me far lieto e te felice, e il neghi?
Sallustia. Di te indegna sarei se ti ubbidissi.
Alessandro. Si poco ami Alessandro?
Sallustia. L’amo piú di me stessa;
ma piu del mio dover non posso amarlo.
Alessandro. Val si poco il mio trono?...
Sallustia. Con disonor noi curo.
Alessandro. Si poco il letto mio?
Sallustia. Fin nel tuo seno
ne avrei pena e rimorso.
Alessandro. Tanto ti è caro il traditor che taci?
Sallustia. Dissi quanto dovea; lascia ch’ io parta.
Alessandro. Se per lui temi, agli alti numi ’l giuro,
sua difesa sarò, sarò suo scudo.
Sallustia. (Tutto Io tradirla, s’io lo tradissi.)
Alessandro. Prega Alessandro, e ancor Sallustia tace?
Sallustia. Tacer deggio e penar. Soffrilo in pace.
Alessandro. Deh, senti, o cara...
Sallustia. Ah! Si infelice io sono
che il piú dolce mio voto è mia sventura.