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cesare ti creò perché mio figlio.

Non basta. Io dall’insidie
del tiranno crudel, sai quante volte
ti preservai. Laccio, veleno e ferro
minacciavan tua vita; io la difesi.
Cadde l’empio e tu regni.
Questa è pur opra mia. S’ama il tuo nome,
il tuo impero si esalta, e tutto, o figlio,
fu di Giulia finor legge e consiglio.
Alessandro. Il piu tacesti, o madre,
de’ benefizi tuoi: la cara sposa.
Giulia. Io te la diedi, il so, ma sol la diedi
al maritai tuo letto,
non al regio mio trono; e lei mi piacque
tua consorte veder, non mia sovrana.
Alessandro. Di che...
Giulia. Taci. Mi ascolta e ti confondi.
Parli prima la madre e poi rispondi.
Son io pili Giulia? O sono
ombra di ciò che fui? Giulia il senato,
Giulia vedean la curia, il foro, il circo.
Ora Sallustia è sola
ciò che Giulia era pria. Tutto si regge
co’ voti della moglie,
il monarca e l’impero. Ah, figlio, figlio!...
Se vuoi solo regnar, regna, io ne godo.
Ma che un’altra mi usurpi ’l grado mio,
noi soffrirò. Contenta
cedo al figlio il poter, noi cedo a lei.
Ella è sol mia rivale,
e le viscere mie, figlio, tu sei.
Alessandro. Madre, errai; non tei nego.
Ma di errar non credei, nella mia sposa
troppo amando un tuo dono.
Pur di error si innocente
e per essa e per me chiedo perdono.