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pompa de’ suoi terrori?

Misera Berenice, ancor noi sai?
Caro sposo! e dove sei,
che mi lasci afflitta e sola?
Se hai pietá de’ mali miei,
mi rispondi e mi consola.
(scorgendo Lucio Vero)
Oimè! fra tanfi orrori
del piú barbaro ancor non m’era avvista.
Lucio Vero. (Pur mi vide.)
Berenice. Spietato,
ch’esser vuoi testimon de’ miei tormenti,
dimmi, dov’è il mio sposo?
Che ne facesti? È morto forse? e forse
è di tua crudeltá questo il teatro?
Lucio Vero. Ben lo saprai.
Berenice. S’ei giace
vittima d’empietá, concedi almeno
che spirar possa l’alma
sul caro busto. A me l’addita ornai;
ov’è? se l’uccidesti,
a che mel celi? a che?
Lucio Vero. Tosto il vedrai.
Berenice. Si, vedrò... Ma che ascolto?
Qual funesta armonia, qual suon lugubre
mi ferisce l’udito e il cor mi piaga?
Quale Oggetto? (si apre una porta)
Lucio Vero. Giá s’apre
l’uscio fatai.
Berenice. Che fia?
Teme, affanni, sospetti,
finite di squarciar l’anima mia.