abbia larghezza et chomodità atta et chonveniente di detta moneta, et che le monete forestieri di bassa lega et di picciol peso non ci abbino a moltiplicare et venire, et che la vecchia moneta buona non s’abbia a disfare in danno et pregiudicio della nostra città, e acciò che questo non abbia a seguire per l’avvenire1.
Ora, chi potrà negare che anche la zecca di Civitaducale, nella sua corta durata, abbia adottato il sistema di male aggiustare i conii riputatissimi di Firenze, se ne abbiamo sottocchi l’incontrastabile documento nelle stesse monete? E mentre gli zecchieri d’altri paesi, rozzamente sì, ma più fedelmente, imitavano il tipo fiorentino copiandone persino le leggende, com’è provato dai quattrini falsi che tuttavia si rinvengono di quello stampo, e si appalesano fuor dubbio operati alla metà del secolo decimoquinto, que’ di Civitaducale, a coonestare l’artifizio usato, ponevano sopra il giglio di Firenze, tanto diverso dall’angioino, un picciol rastrello; riproducendo per tal modo infedelmente sulla moneta una porzione dell’arme del loro comune poc’anzi indicata, ed iscrivendo il nome del comune stesso nel giro; mentre dall’opposto lato, alla mezza figura del Batista, quella sostituivano ugualmente atteggiata del santo vescovo Marino o Massimo, che pure sul doppio bolognino vedemmo. Di tali servili imitazioni delle monete delle zecche più accreditate, operate nelle minori, la numismatica di tutt’i secoli ci porge biasimevoli esempii.
- ↑ Orsini, o. c., p. 239.