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molta analogia coi bolognini di Giosia Acquaviva di Atri, e di Piergiampaolo Cantelmi di Sora.

È verosimile che sia rimasta inattiva la zecca di Chieti dal 1463 al 95, allorquando la fatale spedizione di Carlo VIII mise a soqquadro il regno. Ci è ignoto se la metropoli del citeriore Abruzzo cedesse all’invasore francese, spontaneamente o costretta; ma ben sappiamo che fra i capitoli presentati a re Carlo dagli ambasciatori del comune il 21 marzo 1495 nel castello Capuano a Napoli, egli apponeva il fiat al seguente: Supplica la maestà del s. re se digne de gratia concederli de codere seu cugnare omne natura de moneta de rame argenti et de oro cum bonitate intrinseca et extrinseca et cogno de la prefata maestà1. E, profittando della regia concessione, i chietini diedero tosto mano a preparare i nuovi conii, le cui varietà ci attestano la molta operosità di quella zecca nei pochi mesi di occupazione straniera.

Lasciò scritto Sinibaldo Baroncini, nella sua inedita storia di Chieti, che a’ giorni suoi conservavasi una moneta d’argento, del valore e della grandezza di un giulio papale, sulla quale da un lato era effigiata la imagine di san Giustino cinta dalla leggenda theate regis galliæ mvnere liber, e dall’opposto l’arme di Francia e la epigrafe karolvs.d.g.r.francorvm.si.ie.2. Siffatta moneta, che ben somiglierebbe il grosso d’argento coniato dai pisani in onore di Carlo VIII col titolo di loro liberatore, non ho mai veduta, nè perciò ho potato che riportarne la descrizione sull’autorità di un testimonio autorevole.

Conservansi bensì, e numerosi, i cavalli improntati durante il dominio francese a Chieti, le cui varietà possono ridursi a quattro, peculiarmente distinte, e riprodotte nella quarta tavola sotto i numeri 32, 33, 34 e 35.

La prima ha intorno lo scudo incoronato di Francia caro-

  1. Ravizza, o. c. III, 14.
  2. Novelle letterarie di Firenze, anno 1754, n. 88.