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torno • s*nicolavs. Questa moneta dovette improntare Matteo fra il gennajo 1462 e il gennajo del 64, cioè da quando fu investito del ducato d’Atri, fino a che lo rendette al figliuolo di Giosia, ricevendone in cambio altre terre.
L’aver finora ignorato la esistenza della moneta di Giosia Acquaviva fece ad alcuni eruditi revocare in dubbio anche quella di Matteo di Capua; adesso però non si esiterà più ad ammettere fra le zecche italiane l’atriana, della quale vedemmo i preziosi cimelii. Donde poi essa riconoscesse la origine, è un’altra quistione. Assonando alla sua durata il periodo dal 1459 al 64, l’epoca cioè della prima congiura dei baroni contro di Ferdinando I, noterò come altre zecche vicine, che in quel torno furono aperte, non furono per concessione di principe o di pontefice, ma sì veramente per arbitrio delle università o dei baroni. La origine della zecca d’Atri di Giosia Acquaviva è contemporanea pertanto a quella di Sora, attivata da Piergiampaolo Cantelmi, ambidue ribellanti signori, che nei loro feudi non si riguardavano più vassalli della casa di Aragona, nè della Chiesa; nonchè a quelle di Chieti e di Civitaducale, del pari arrogatesi, com’è da presumere, da que’ comuni. Qual meraviglia se Matteo di Capua, investito del ducato d’Atri con amplissime giurisdizioni, continuò a coniarvi moneta, egli che nel suo vicereame lasciava operare la zecca municipale della sua residenza di Chieti? La rappresentazione poi del san Nicolò, che d’Atri non fu mai patrono, in vece di quella di santa Reparata o dell’Assunta, non dee farci specie; conciossiachè la scelta del santo da effigiare sulle monete dipendesse alle volte da qualche particolare divozione di chi le taceva coniare, come accadde verbigrazia nei bolognini di Guardiagrele, sui quali Napoleone Orsini volle posta la imagine di san Leone, in cui onore aveva murata e dotata una cappella in quella terra.
E giacchè cade il discorso sopra le zecche aperte intorno al 1460 per atto arbitrario dei comuni o dei feudatari, sarà prezzo dell’opera l’accennare la costituzione pontificia di Pio II, concernente appunto l’illegale esercizio della moneta nelle