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invano contesogli a Fornovo il passo dalle anni italiane confederate, ed occupate dagli spagnuoli le Calabrie per bloccarvi e costringere alla resa i piccoli presidii francesi che tuttavia rimanevano, Ferdinando II il dì 7 luglio 1495 si ricondusse nella capitale a riordinare le scompigliale bisogne del manomesso suo stato; e siccome importantissima cosa era il regolare la moneta, sbandì tutt’i conii di Carlo VIII. Ma qualora la esuberante quantità che se n’era stampata si fosse tutto ad un tratto levata dalla circolazione, il popolo di Abruzzo ne avrebbe patito incalcolabile danno, non si avendo in pronto una corrispondente massa di minuti spezzati di tipo aragonese. Ebbe quindi il comune dell’Aquila ricorso al re, perchè le monete di Carlo VIII si tollerassero al loro originano valore, implorando dai regii luogotenenti il 13 settembre 1496: che le monete minute e grosse tanto de oro argento e rame dell’impronta francese attento sono moltiplicate per tutto Apruzzo, e molte persone et quam maxime poveri artesciani rimaneriano disfatti se occorresse dette monete sbandirsi e reprobarse, però se degnino che dette monete vagliano e valer debbiano siccome per il passato è stato solito e consueto a al presente vagliono. E nel medesimo tempo supplicava la riconcessione della zecca: Item perchè la zecca aquilana, della quale detta comunità ne have privilegio regio et n’è stata et è in possessione in cugnare monete in detta città, et al presente detta communità è in possessione di detta zecca; però si degnino, in nome della detta maestà, li privilegii hanno di detta zecca e possessione di essa confirmare a detta communità, et in quanto fosse bisogno di nuovo concedere con plenaria amministratione de poter cognare monete, della ligha qualità peso e bontà e cugno have la zecca napolitana, non ostante qualsivoglia concessione fosse fatta in contrario a qualunque, o si facesse per sua maestà sub quacunque verborum serie et tenore che refragesse e contrariasse a quanto de sopra, e qua fosse bisogno farne mentione de verbo ad verbum. A tale capitolo rescrivevano i regii luogotenenti, Guidubaldo da Montefeltro duca di Urbino, Fabrizio Colonna