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tazioni dei tempi e dei paesi in cui furon coniate; perciocchè gli stessi cavalli di Ferdinando I ci offrono cotali anomalie da dover conchiudere, che non è da tenersi niun conto del peso di questi minuti spezzati dei conii nobili, fino a che peraltro le differenze non sieno eccessive, siccome interviene in alcuni multipli del cavallo aragonese, accennati già dal Fusco1. E vige la osservazione medesima sulla trascurata qualità del metallo, più avvertita nelle zecche minori, meno nell’aquilana; infatti, se molti cavalli di Carlo VIII rinvengonsi di schietto rame, altri se n’ha di biglione, e non tanto basso, raggiungendo perfino un cavallo sulmonese il titolo millesimale 0,475, onde il suo valore effettivo eccede ben di parecchie fiate il nominale. Tanto disordine devesi attribuire alle angustiose condizioni di quell’epoca, che non lasciarono alle zecche il tempo necessario alla partizione delle materie da monetare.

La mancanza dei titoli di re di Sicilia e di Gerusalemme sui nummi aquilani di Carlo VIII, e la loro presenza sovr’altri degli Abruzzi, fanno ritenere al Cartier2 quelli anteriori, questi posteriori all’allontanamento di Ferdinando II. Pure si hanno, parmi, argomenti che inducono a credere contemporanee le due varie epigrafi: 1.° perchè il re di Francia, movendo la guerra all’aragonese, non intendeva di spossessare un principe de’ suoi dominii, ma solo di ricuperare il proprio trono; 2.° perchè gli Abruzzi insorsero per Carlo VIII, riguardandolo legittimo re, quale discendente dagli angioini, e non vedevano in Ferdinando che il pronipote di Alfonso I usurpatore; 3.° perchè sulle monete di Ortona, ammesse per ossidionali anche dal Fusco e dal Cartier, e perciò probabilmente posteriori alla dipartita di Carlo, non incontriamo i titoli di Sicilia e di Gerusalemme, che pur dovremmo trovarvi.

Ritiratosi Carlo VIII dal regno per rientrare in Francia,

  1. G. V. Fusco, Monete di Carlo VIII, pag. 32.
  2. L. c., pag. 47.