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gnati col distintivo particolare alla zecca dell’Aquila. Abbiamo bensì pubblicato dal Fusco 1, e qui per la seconda volta, al n. 14, il carlino.

D. + :alfonsv:d:g:r:ar:s:c:v:f:. Alfonsus Dei gratia rex Aragonum et Siciliae citra ultraque farum. Arme inquartate di Napoli e di Aragona.

R. + :dns:m:adivt:et:ego:d:i:m:, Dominus mihi adjutor et ego despiciam inimicos meos, versetto del salmo 117. Il re di faccia, assiso sopra due leoncini, d. scettro gigliato, s. globo crocigero; nell’area a manca, aquiletta.


Per la morte di Alfonso, avvenuta nel maggio degli anni 1458, fu assunto al trono di Napoli Ferdinando, figliuolo naturale di lui. Papa Calisto III, dichiarandolo per gl’illegittimi natali inetto a succedere, invocava con bolla 12 luglio di quell’anno i capitoli di pace già segnati a Terracina li 9 aprile 1443 da Alfonso col legato di Eugenio IV, e le successive loro conferme pontificie. Sennonchè, defunto Calisto nel vegnente agosto, il nuovo pontefice Pio II gli accordò la investitura del regno; e il 25 ottobre dell’anno stesso 1458, ricevuto l’omaggio di sudditanza e fedeltà dagli aquilani, Ferdinando riconfermò loro l’antico privilegio della moneta, a patto, peraltro che non coniassero mai più celle. Ecco il tenore del capitolo presentato al monarca: Item dignetur ipsa majestas concedere quod in civitate Aquilae fiat sicla ubi cudatur moneta, modo et forma, ponderis et ligae quibus cudetur Neapoli, et in eadem sicla eadem majestas praeponere et ordinare unum credenserium aquilanum; et camera aquilana teneatur et valeat ponere et ordinare unum qui habeat tenere rationes et calculos argenti, quod dabitur cudendum in ipsa sicla. Il re di questa guisa rispose: Placet regiae majestali quod fiat reintegratio de sicla ipsa dictae civitati, ad cudendum tantum monetae ar-

  1. G. M. Fusco, Intorno ad alcune monete aragonesi, tav. I, n. 1.