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moneta spettante fuor d’ogni questione alla seconda Giovanna, nel che siamo pienamente d’accordo; non così però nella interpretazione di quella s, la quale dovrebbe, sembrami, indicare il nome dello zecchiere, tanto più che non ci ha la consueta c allato del san Pietro, e che una s ricorre pur frequentissima sulle monete di Alfonso I d’Aragona. Ma sia ch’essa vada intesa in un modo o nell’altro, non posso poi concedere al Fusco, ciò ch’egli assevera con tanto convincimento, che questa moneta, ed un’altra che fra poco vedremo, «tolgono via più ogni dubbio ad annoverare alla prima Giovanna tutte quelle date in luce dal Vergara e da altri, nelle quali non si vede aggiunto il secunda. Veramente io non so perdonare a quei che tolsero dopo dal Vergara a favellare del sistema monetario delle due Sicilie, di non accorgersi di siffatto errore1.» E qui spero che il mio Fusco mi vorrà perdonare se, non soscrivendo alla sua opinione, adduco argomenti che tendono ad infirmarla; appunto perchè uscita da sì rispettabile numismatico, merita ne faccia caso, e la contraria sentenza sì appoggi su tali fatti, che almeno contrabbilancino l’autorità di un nome già illustre.

Quando guardiamo al tipo dei bolognini segnati col nome di Giovanna, li riscontreremo tutti, da qualsivoglia zecca usciti, corrispondere a quello dei due tipi di Ladislao che, per discostarsi dal pontificio e da quelli di Lodovico di Angiò e di Carlo di Durazzo, ho assegnato ad epoca posteriore all’altro. Il minor modulo e il peso diminuito sono prove, a mio credere, che tutt’i bolognini aquilani col nome di una Giovanna appartengono fuor dubbio alla sorella di Ladislao, e non alla figlia di Roberto. Ci occuperemo in appresso dei bolognini di una Giovanna coniati a Guardiagrele; e chi potrà mai attribuirli alla prima, se la zecca di Guardiagrele fu aperta da Ladislao? Quanto alle celle, il non trovarsene, ch’io mi sappia, notizia veruna in documenti anteriori al secolo XV, nè l’aversene con

  1. G. M. Fusco, Intorno ad alcune monete ec. p. 38.