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e nel 95 re Ladislao donava alla università d’Aquila, che gli si era dedicata, annuam provisionem unciarum CC de carlenis argenti, ponderis generalis1. Era invece effettivo il fiorino o ducato d’oro delle repubbliche di Firenze e di Venezia, del cui primitivo valore abbiamo notizia in Buccio Ranallo:
- Dudici boni carlini per uno fiorino contato2:
Vendeasi nella carestia del 1340 un fiorino la coppa di grano3, e nell’abbondanza del 47 poteasi avere un bove od un somarello allo stesso prezzo4. Nel 1375, equivalendo già da settant’anni, come nel primo capitolo ho avvertito, il fiorino o il ducato, non più a 12, ma a 10 carlini, stante il costoro aumento di peso, leggiamo nella cronaca di Nicolò di Borbona una oncia che so’ sei ducati d’oro5; e nel rescritto di Renato de’ 5 settembre 1438 agli aquilani: bonos ducatos auri vel carolenorum ad rationem de carolenis decem pro quolibet ducato6.
In argento, la maggior moneta era il carlino o gigliato, duodecima o decima parte del fiorino, secondo i tempi. Una coppa d’orzo nello stremo di vettovaglia del 1340 vendevasi sei carlini7; e nella pestilenza del 48
Chi comparava guardia per esser ajutati
Lu di et la notte la femina petea tre gillati.8
Vedremo nel 1433 ordinarsi da Giovanna II al comune d’Aquila lo stampo dei mezzi carlini, detti anche mezzanini, e dei quartaroli o quarti di carlino.
Nei cronisti aquilani è altresì menzione dei soldi. Nel 1340
- Quinnici solli vedea che se vendea la brenda9;
- ↑ Muratori, Ant. Ital. VI, 859.
- ↑ O. c. 542, st. 86.
- ↑ O. c. 603, st. 480.
- ↑ O. c. 631, st. 696.
- ↑ Nicolò di Borbona, Cronaca delle cose dell’Aquila, in Murat. Ant. Ital. VI, n. X.
- ↑ Muratori, Ant. Ital. VI, 559.
- ↑ Buccio Ranallo, o. c. 603 st. 480.
- ↑ Id. ibid. 643, st. 794.
- ↑ Id. ibid. 603, st. 481. Brenda, crusca.