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vestì Ludovico I di Angiò figlio adottivo di Giovanna, e non del solo reame di Napoli, ma di uno stato vastissimo che, sotto il nome di regno d’Adria, doveva abbracciare gran parte d’Italia, e che non avrebbe forse mai avuti confini più ampii della pergamena del diploma se Carlo, per la vile uccisione della regina prigioniera e per la non attenuta fede ad Urbano VI, non avesse alienati gli animi dalla sua causa, e agevolata così a Lodovico la invasione del regno. Mentre dunque nel 1382 Sulmona parteggiava per Carlo, Aquila apriva il 17 di settembre le porte a Lodovico, e lo riconosceva legittimo re. Da quest’epoca fino alla morte dell’angioino, accaduta il 20 settembre dell’84, e la partenza pochi mesi appresso del durazzesco, che agognava la corona dell’Ungheria, gli Abruzzi furono il teatro della guerra civile, favorendo università e baroni, quale l’uno e quale l’altro dei due competitori; e gli ò in quest’epoca stessa che ritengo aperte, a provedere al bisogno de’ traffichi e agli stipendii de’ soldati, con qualità opportuna e in quantità bastevole di denari, le due prime zecche abruzzesi, Aquila degli angioini, Sulmona dei durazzeschi.


Quali monete, effettive e di conto, abbiano avuto corso negli Abruzzi sotto i due rami della dinastia angioina, vengo brevemente ad esporre. In oro ci avea l’oncia di conto, che ragguagliavasi nel 1301 a 60 carlini d’argento nella compera del castello di Machilone1; nel 1347, anno di abbondanza, stando alla relazione del poeta e cronista aquilano contemporaneo Buccio Ranallo, vedeasi

Manteglio bello et ricco per meza oncia dunare2;

dall’altro poema di Antonio di Buccio sappiamo che in once computavasi lo stipendio dei fanti, nel 75:

Una onzia per uno lu mese li dagéo3;
  1. Muratori, Ant. Ital. VI, 562.
  2. Boezio di Rainaldo di Poppleto, vulgo Buccio Ranallo, Delle cose dell’Aquila dal 1252 al 1362, poema, in Muratori, Ant. Ital. VI, 631, st. 696.
  3. Antonio di Buccio o di Boezio, Delle cose dell’Aquila dal 1363 al 1362, poema, in Muratori, Ant. Ital. VI, 765, st. 438. Dagéo, diede.