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III.
AQUILA.
Federico II di Svevia, affin di guernire le frontiere settentrionali del regno, che avrebbero potuto offerire ai finitimi guelfi agevole accesso, statuì intorno gli anni 1248 di edificare una città forte nel territorio interposto tra Furcone ed Amiterno, la quale, dall’antico nome del sito ove dovea sorgere e dagli auspicii delle sue vittoriose bandiere, Aquila decretò intitolarsi. Providimus, così suona il diploma di quella fondazione, ut in loco qui dicitur Aquila, inter Furconem et Amiternum, de circum adjacentibus castris et etiam terris, quae veluti membra dispersa, quantacunque fidei claritate vigentia, nec nostrorum rebellium poterant repugnare conatibus, nec inter se sibi mutuis auxiliis subvenire, unius corporis civitas construatur, quam, ab ipsius loci vocabulo et a victricium signorum nostrorum auspiciis, Aquilae nomine decrevimus titulandam1. Nè si era tuttavia fornita di fabbricare, allorchè nel 1256 gli abitanti, suscitati da papa Alessandro IV, scossero il giogo di re Manfredi, che tre anni dopo ne fece lo scempio più segnalato, adeguandola al suolo. Riedificata da Carlo di Angiò nel 65, ribellò un’altra volta nel 1294; ma per intromessione di Pietro di Angelerio eremita, chiamato allora alla cattedra di san Pietro, venne da Carlo II perdonata; onde poscia per gratitudine assunse tra’ suoi patroni anche quel santo pontefice, e
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