Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
2 |
Ricca invece è la serie delle monete dei principi di Benevento, niuna delle quali però rimonta senz’ombra di dubbiezze oltre agli ultimi anni del secolo VIII, e propriamente al 788 quando ai beneventani Carlo Magno concedette principe Grimoaldo III figlio del duca Arigiso II, permettendogli di batter moneta purchè fregiata anche del proprio suo nome. Questa serie, iniziata dai solidi, dai tremissi e dai denari di Grimoaldo III, procede fino al cadere del secolo successivo, avendosi monete di Grimoaldo IV figlio di Ermenrico, di Sicone, Sicardo, Radelgiso e Adelgiso, nonchè denari imperiali di Lodovico II, solo o colla moglie Angilberga, e di Carlo il Calvo; per arrestarsi finalmente a Giorgio patrizio, cui si attribuisce una monetuccia di argento, che vuolsi da lui coniata quando tenne il principato per l’impero greco, tra gli anni 892 e 893. Giovandosi di alcune lettere apposte ai lati della croce potenziata longobarda sopra tremissi e solidi d’incerta origine, tentarono alcuni dotti numografi di ampliare la serie beneventana, riconoscendo in quelle sigle le iniziali de’ nomi di duchi e di principi; ma la loro attribuzione, a primo aspetto soddisfacente per qualche singolo pezzo, avute poi riguardo alle discrepanze dei tipi, induce tale scompiglio nella serie stessa, che gli è d’uopo ritenerla basata ancora su troppo debili fondamenti.
Ucciso Sicardo nel luglio 839, Radelgiso tesoriere e Siconolfo fratello del defunto principe si contesero armata mano il possesso di Benevento; nè cessarono le ostilità che cinque anni dopo, mercè la mediazione di Guido duca di Spoleti e di Lodovico II, in forza della quale a Radelgiso restò Benevento, a Siconolfo Salerno, comechè costui pure ne’ suoi conii principa di Benevento s’intitolasse. La zecca salernitana, contemporanea alla origine del nuovo principato, stette operosa anche sotte il reggimento dei successori di Siconolfo, Pietro con Ademario, Ademario solo, Guaiferio, Guaimario I, Gisolfo. Ed è per me più che probabile che, presa Salerno nel 981 da Mansone II duca di Amalfi, egli vi abbia improntali quei nummi di rame, sui quali sta la controversa epigrafe ch’io leggo