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Non so come il Fusco abbia potuto separare questi due tipi, la identità del cui rovescio è evidente; e come, se l’uno attribuì dubbiosamente alla zecca di Capua, l’altro abbia dichiarato appartenere ad una zecca incerta d’Italia. E le abbreviature del rovescio, comune ad ambidue, lasciò inesplicate limitandosi solo ad esporre la sua idea, che la officina onde uscirono quelle monete dovesse trovarsi non lungi dalle frontiere napoletane, e che que’ monosillabi potessero indicare il nome di alcune «signorie di re Carlo; ma che queste debbano ricercarsi fuori dei confini del reame, non v’ha dubbio di sorte alcuna1.»
Il silenzio del Fusco acuì l’ingegno del Cartier a provarsi a diciferare l’enimmatiche sigle: «Il aurait fallu, d’abord,» dic’egli infatti, «interpréter la légende et en tirer quelque témoignage du lieu de fabrication.» Nè gli piacque leggere percussum in palatio capuae, perchè il rimanente restava mai sempre inesplicabile; ma andò cercando, in quella vece, sulla carta delle Calabrie de’ nomi geografici, per offerirci una interpretazione la quale, tutt’altro che felice e corretta, qui riporlo; petrizia . Isola . palmi . cantazaro (sic) . soriano . albinianus . dvx; supponendo queste monete battute per ordine del D’Aubigny governatore delle Calabrie, ma dichiarando in un medesimo, con quella modestia che non va mai disgiunta dal vero sapere: «Je suis dispose à renoncer à mon interprétation aussitôt qu’on en aura présente une meilleure»2.
Rifacendoci alle memorie della vita di Piergiampaolo Cantelmi esposte nel presente capitolo, la spiegazione dell’abbreviata leggenda riescirà facile e piana: pe.i.pa.can.so.alb.dvx, Petrus Johannes Paulus Cantelmus Sorae Albetique dux. Suffragata dalla critica epigrafica e storica, ed accolta ormai dai nummografi, questa interpretazione avvalora, mercè monumenti fino adesso ignorati, la veracità della notizia che ci
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