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annullata ben presto dalla cessione fattane a Pio II, che ritenea quel ducal feudo devoluto alla Chiesa; e la contea di Alvito diede invece a Giovanni conte di Popoli, fratello di Piergiampaolo, che, dopo la rotta toccatagli da Matteo di Capua, gli era ritornato fedele. Ne lo investì Ferdinando co’ suoi eredi legittimamente procreati, dandogli eziandio parecchie altre terre, come suona il diploma 29 novembre 1461, quae de praesenti tenentur et possidentur per Petrum Johannem Paulum Cantelmum, qui se ducem Sorae nominare consuevit, rebellem nostrum notorium, quae quidem terrae antiquitus fuerunt de domo vestra Cantelma.... concedendo etiam quod si forte dictus Petrus Johannes Paulus ad suam obedientiam reduci contigerit et remissionem et integram restitutionem obtinere contingerit, quod in tali casu semper praesens concessio in suo robore permaneat1.

Inseguito da Federico di Montefeltro, il duca sorano, quantunque da molti baroni sussidiato, dovette deporre le armi, dopo la presa del Castelluccio che proteggeva la sua città; e gli venne accordata una tregua, dopo la quale prestò ligio omaggio a Ferdinando nel 62, siccome rilevasi dal seguente luogo di una lettera che quel re scriveva, il 13 maggio dell’anno stesso, da Napoli a Matteo di Capua: Lo illustre duca de Sora in nostre mane per suo legitimo procuratore al deyce del presente jurò et prestò sacramento de fidelità2. Ma non potè, o non volle, il Cantelmo mantenere la giurata fede, perchè il dì 2 aprile del 65 lo sappiamo, dalla cronaca di Francesco di Angeluccio3, tra i baroni ribelli che accompagnavano ad Aquila il principe Giovanni di Angiò. Intanto la fortuna delle armi volgeva seconda agli aragonesi; e deve conghietturarsi che il duca di Sora, le cui schiere furono completamente sbaragliate dall’esercito pontificio capitanato da Napoleone Orsini, sfuggis-

  1. R. Archivio di Napoli. Repert. Prov. Terrae Laboris et comitatus Molisii, p. 8 a tergo.
  2. Ravizza, o.c., II, 9.
  3. O. c., in Muratori, Ant. Ital., VI, 904.