Pagina:Zecche e monete degli Abruzzi.djvu/121


105


Non mi fu dato di verificare se questa zecca si fosse dall’Orsino aperta arbitrariamente, o per concessione papale; e fino a che non possa l’una o l’altra opinione sostenersi con documenti, potrà con uguale probabilità questa o quella accettarsi. È vero che l’analogia ci moverebbe a credere Giacomo, sì caldo fautore di Lodovico d’Angiò, insignito del diritto della moneta da papa Alessandro, che lo aveva infeudato di Tagliacozzo, in quella guisa che Napoleone II, conte di Manopello e protonotario di Ladislao, era stato onorato di simile privilegio dal suo signore, diciannove anni addietro, come ho dimostrato illustrando la zecca di Guardiagrele; ma gli è altrettanto vero che molti baroni vassalli della Chiesa s’erano arrogato di loro arbitrio quel sovrano diritto. Sia la cosa come si vuole, è indubitato che la stampa del bolognino di Tagliacozzo dee riportarsi al brevissimo tempo che papa Alessandro V tenne la cattedra di san Pietro.

Non si avrebbe però in questa moneta l’unica memoria di quella zecca, se fosse da aggiustar fede alle parole di monsignor Corsignani vescovo di Venosa: «In Tagliacozzo ed in Solmona sotto Federigo di Aragona, e secondo di questo nome re di Napoli, fu qualche tempo per ordine regio da Lodovico Antonelli patrizio aquilano fatta coniar la moneta per gli bisogni degli Abruzzi, come consta dal privilegio colla data di Castelnuovo nell’anno 14961.» Quanta credenza abbiasi da prestare all’asserzione di monsignore, non so davvero; ma questo è certo che, delle monete di Federico d’Aragona, niuna reca indizio che ce la faccia ritenere od anche sospettare coniata a Tagliacozzo.


  1. Reggia Marsicana, ovvero memorie topografico-teoriche di varie colonie e città antiche e moderne delta provincia de’ Marsi e di Valeria, Napoli 1738, P. I, p. 313.