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la restituzione della zecca: Item se suplica che nella dicta cità de Sulmona se possa in perpetuum battere la zecca, secundo se batte nella cità de Napoli, ad utilitatem commodum et benefieium dicte universitatis. Alla quale domanda il duca di Urbino apponeva il suo placet, e secolui don Carlo di Aragona, luogotenente di Ferdinando, che ivi parimente trovavasi1.

Stante però la morte del re, poco dopo avvenuta, non fu possibile a quella officina di coniare altre monete che quelle del successore e zio di lui, Federico, a cui spetta il sestino di rame inciso sotto il n. 55, che ne raffigura il busto incoronato e rivolto di profilo alla destra, cinto dalla leggenda federicvs.d.g.r.si.i., e dal rovescio una croce potenziata d’intorno alla quale gira la epigrafe + sin.nomen.dni.benedi, Sit nomen Domini benedictum, interrotta dalle sigle smpe2.

L’ultima memoria della zecca di Sulmona è del 1528, due anni dopo la infeudazione di quella città, conferita da Carlo V con titolo principesco a Carlo Lannoy, quando il duca di Lautrec, luogotenente generale del re Francesco I di Francia, trovandosi sotto Napoli, il dì 29 aprile accordava in nome del suo signore i capitoli presentatigli dagl’inviati di quella università; fra i quali leggiamo ancor questo: Item se supplica sua illustrissima signoria se degni concedere promettere et far observare che in dicta cità de Sulmona se possa battere la zeccha in perpetuo, perchè per li quondam serenissimi re Raniero et illustre ducha Johanni de Angioya fo conceduta nila dicta cità de Sulmona, et etiam li fo conceduta dal quondam christianissimo re Carlo, siccome appare per soi privilegii..... R. — Quia facta est fides per magnificum dominum Johannem Joachim regium consiliarium quod universitas ipsa praestitit juramentum fidelitatis, propterea confirmabuntur eorum privilegia, quatenus recte riteque universitas ipsa usa fuerit et utetur, salvis

  1. Di Pietro, o. c., App. p. 36, doc. n. XX.
  2. Bellini, Dissert, altera, p. 105, n. XVI.