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dominando quella pacifice et quiete, lo m. Pardo Ursino, volendo extendere la mano de facto et ex abrupto, per vim et violenciam tolse la detta terra con la fortecza da potere et da mano de la cita predicta, essa cita non essere intesa altrimenti in le soe ragiune; supplica vostra maestà se digne ritornare et reintegrare la possexione de la dicta terra con la sua fortecza, et essa terra de novo concedere iuxta la continentia et tenore de li privilegi quali dicta cita ne tene da la felice memoria de re Ferrante patre de vostra maestà, non obstante qualsevoglia promissione, privilegij, capituli, albarani ne fossero facti da farse; et che de jure era promesso a la dicta università armata manu togliere la possexione de dicta terra da potere del dicto Pardo Ursino andando loro ad campo, et la dampnificò et guastò per la causa predicta; che dicta dampnificatione sia remessa et relaxata a la universita predicta, tanto dell’emenda dampno et interesse have havuto la dicta terra di Manuppello et homini de epsa, como de la pena fersitan incorsa. Alla quale domanda il re apponeva il rescritto: Placet regiae majestati, praevia justicia1.
La ricomparsa delle bandiere francesi nel regno, a sostenere i diritti che Lodovico XII avea redati da Carlo VIII, ridestò le speranze di Leone Giordano II conte di Manopello, succeduto al defunto cugino prima del 1501. Nè, pei mutati destini di quel monarca, fu dato ai chietini di ricuperare il possesso la seconda volta perduto, e passato poi nel 1505, per la morte di Leone Giordano, nel conte di Sarno. Ond’ebbero ricorso il 28 febbraio 1507 a Napoli al re cattolico Ferdinando, interessandolo per la reintegrazione nel dominio, nel modo che segue: Domandano la reintegra di Manoppello colla fortezza e suo distretto, comprata dalla città di Chieti da Ferdinando I, per docati 7000 di coronati, e da lei posseduta per anni quaranta circa, e quindi spogliata da Pardo Orsini in tempo della venuto del rè Carlo VIII, coll’essere passata in potere del