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Per non esser da Voi infastidito.
Pianger vid’io.
Più mi sprezzi, io più t’amo, e t’adoro.
Placa gli sdegni tuoi.
Poichè nel bosco già di nevi scarico.
Portami su, Lesbino.
Pose il corno a’ Tori in fronte.
Prendi il fucile, e dalla viva selce.
Presso al Mar la Dea di Gnido,
Pure ad onta del forte.

Q

Qual dall’urne oscure
tuando per dar al Mondo eterna vita.
Quando vuol nuova catena.
Quanto è dolce mirar dal lido asciutto.
Quella che alzando fiammeggiante spada.
Questa di fino argento
Questa fresca valletta, e questo fonte.

Re grande, e forte,
Rondinella pellegrina,
Ruppe lo specchio, e disse,

SChiere tumultuanti.
Se Nocchiere d’aspra procella.
Sento squarciar del vecchio Tempio il velo
Serenissimo Senato.
Se ti basti ch’io t’amamiri,
Signor mio dilettissimo,
Sono amante, e son contento,
Spargian Viola, e Rosa.
Sparito è la menzogna,
Sparve il nemico gelo.
Selve incognite al Sol, torbide fonti.
Signor mirai da lunge la famosa
Sì, spenta hai pure la tua sete ardente.