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Dal letargo in cui giacque allor si scosse
     Natura, e vaga de’ novelli onori
     Tutta leggiadra incontro Amor si mosse.
160Ed ei, prodigo allor de’ suoi tesori,
     L’empiè di gemme e d’oro il grembo, e ’l petto
     Le ornò di vaghe erbette, e il crin di fiori.
Indi, ogni altro pensier da lui negletto,
     Ciò che ha vita or quaggiù, con nuovi vanti
     165Prese di generar cura e diletto;
Oude in virtù di lui nacquero quanti
     Pesci ha il Mar, l’Aria augelli, e fere il Bosco,
     Varj fra lor di genio, e di sembianti.
Qual placido, qual rigido, qual fosco,
     170Qual vello, o squamma, equal piuma ricopre,
     Qual d’aspro dente armato, e qual di tosco;
Ma fra l’eccelse sue mirabili opre,
     Degno d’eterno onor l’Uom poscia apparse:
     L’Uom, che tanta del Ciel parte in se cuopre.
175Ed ho qual senti mai gioja destarse
     Amor quando, in mirarlo, ei vide in lui
     Raccolto il Bel, ch’in tante parti ei sparse!
E sen compiacque sì, che ad esso i sui
     Raggj, ad esso del fuoco, ond’ei sfavilla,
     180Quei semi diede; indi passaro in Nui.
Questo è quel fuoco poi, ch’arde e scintilla
     Or sù due rosse labbra, or sù due gote,
     Or sul confin di tremola pupilla
Che se troppo si mira, ei per le note.
     185Aperte vie degli occhj al cuor sen viene,
     E ’l pigro sangue a un tratto agita e scuote;
Lo qual scorrendo per l’accese vene
     Desta in noi tal piacer, che, seco avvinto,
     Ogni nostro desìo sforza, o ritiene.
190Quindi è, che poi da quell’impresso istinto
     Tratto ciascuno, in ver l’oggetto ch’ama
     Rapido corre, come a centro spinto.
E se pari in lui trova e senso e brama,