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Alessio.
Io di quante Amor fiamme e strali avventř,
     Forse il più grave, e la più ardente ascosa
     Porto in sen, nè pur provo i suoi tormenti
Ma tu qual fanciullin, che a vaga rosa
     125Stende la man, se lieve punta il fiede
     Schivo s’arretra, e torne altra non osa;
Tal mi sembri in Amor ma se pur fede
     A’ rozzi detti miei prestar non vuoi,
     Ascolta almen ciò, che in mia mente or riede.
130Udisti mai, Lacon? Sai se fra noi
     Uom v’è di lui più saggio, o pur s’altronde
     Pastor d’egual, virtude oggi aver puoi.
Ei là dove quel platano diffonde
     L’ombra sua grande, a me più volte espose
     135Così ciò, ch’egli al volgo ignaro asconde:
Ch’Amor mente è del Mondo e delle cose
     Principio, e vita, intelligenza e sfera,
     Fabbro delle più belle opre famose:
Che Ciel non v’era ancor, nè Terra; ed era
     140Confuso ogni elemento, sparso il tutto
     D’ombra giacca caliginosa e nera:
Qual piuma lieve al vento o nave in flutto,
     Scosso ogni corpo senza fren scorrea,
     Al primo orrore orror crescendo e lutto.
145Tal del vasto Universo era l’idea:
     Quando Amor di là sorse, ove a se noto
     Pago sol di se stesso, in se vivea,
E co’ rai del suo vivo ardore ignoto
     Luce imprimendo in questa parte e in quella,
     150Nuovo impresse ne gli Orbi ordine, e moto.
Cessò tosto l’orrore, e di più bella
     Fiamma s’accese il Sole, indi a quel lume
     Apprese a scintillare ogni altra Stella.
A’ cenni poi di sì possente Nume,
     155Sovra i cardini suoi ferma librosse
     La Terra, oltre il suo primo uso o costume.