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5Mira qual vario lume abbia nel volto
     Onde atterri i nemici, e i Suoi conforti:
     E quinci e quindi lo vedrai rivolto,
     Ove è più di periglio, e più di morte.
Morte barbara morte alzarsi il crudo
     10Tuo braccio io vedo, e lui sparger di gelo,
     E v’oppone virtù ma in van lo scudo.
Nè lui già piango nò che vive in Cielo,
     Ma il secol nostro, e il basso mondo ignudo
     Di senno, di valor, di santo zelo.


II1


Chi fu che d’Austria alla città reina
     Sciolse le mani a vendicarsi pronte,
     E assicurò la libertà Latina
     Esangue omai del gran periglio a fronte?
5Chi fu che di barbarica ruina
     Empiè la valle e alzò sul piano un monte?
     E qual tempra di marmo adamantiva
     Ruppe a Bisanzio il fier’orgoglio in fronte?
Ben tu, Sarmato re, festi di gelo
     10Parer l’armi dell’Asia e lei respinta
     Oltre del mare le mostrasti il laccio:
Ma pria che fosse o spada o lancia tinta,
     Sparse voti Innocenzio: indi al tuo braccio
     Donò le piaghe meditate il Cielo.


III


Quando chiari e tranquilli i giorni nostri
     Ne gian di pace fra soavi inganni,
     Da Dio lontana e in braccio a fiere, e mostri
     Passasti, Italia, in grave sonno gli anni.

  1. Per Giovanni III. Re di Polonia, e S. S. Innocenzio XI. in occasione della liberazione di Vienna.