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     Noi dell’Arcadia poveri Pastori?
     Serto noi ti farem di Rose e fiori?
     Nò, che cinto vai tu di lauri e d’ostro.
5Forse a suon di zampogna, o con inchiostro,
     Diremo al tuo gran Nome Inni canori?
     Nò, ch’hai tu d’Elicon i primi onori,
     E perde appo al tuo canto il canto nostro.
Tu, che di Costantino i pregi, e il vanto
     10Fai risorger sul Tebro, e gli dai palma
     Sotto il vessillo glorioso e santo:
Tu, ch’hai maggiore il cor d’ogni pensiero,
     Tu solo puoi cantar di tua grand’alma,
     Alma immortal degnissima d’impero.


XXII


Io non so come a questa età condotte
     Reggan quest’ossa ancor carne e figura,
     Che a così acerba estremità ridotte
     Furon dall’ostinata mia sventura.
5Qual’empio Pellegrin, che in buia notte
     Tolto a’ perigli della strada oscura,
     Le sante leggi d’amicizia rotte,
     Oro ed argento al buon Ospite fura:
Tal l’altrui rea nequizia e il fier livore
     10Mi si fe’ incontro d’amistà col manto,
     Che la maschera poi tolse al furor.
Sicchè talor su la mia sorte ho pianto,
     Ma pur sovente empiendol di rossore
     Passai superba al mio nemico accanto.


XXIII


Io mi credea la debil navicella
     Rotta dall’onde e stanca di cammino
     Ritrar nel porto che scorgea vicino,
     Che troppo corse in questa parte e in quella:

    Pio fatto rappresentare dell’Eminentissimo Ottoboni.