Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
34 |
XII
Dov’è, dolce mio caro, amato Figlio,
Il lieto sguardo e la fronte serena?
Ove la bocca di bei vezzi piena,
E l’inarcar del grazioso ciglio?
5Ahimè! tu manchi sotto il fier periglio
Di crudel morbo che di vena in vena
Ti scorre, e il puro sangue n’avvelena
E già minaccia all’Alma il lungo esiglio.
A ch’io ben veggio, io veggio il tuo vicino
10Ultimo danno e contro il Ciel mi lagno,
Figlio, del mio, del tuo crudel destino!
E il duol tal del mio pianto al cor fa stagno,
Che spesso al tuo bel volto io m’avvicino,
E nè pur d’una lagrima lo bagno.
XIII
Cadder preda di morte e in pena ria
M’abbandonaro e ’l Genitore, e il Figlio,
Questi sul cominciar del nostro esiglio,
Quegli già corso un gran tratto di via.
5Obbliarli io credea: com’altri obblìa
La memoria del mal dopo il periglio:
Ma sempre, o vegli o sia sopito il ciglio,
Me gli offre la turbata fantasia.
Sol con queste due pene, iniqua sorte,
10Sempre m’affliggi: or mancan altri affanni?
Ah se ti mancan, chè non chiami morte?
Venga pur morte e rompa il corso agli anni:
Amara è sì, ma sempre fia men forte
Che la memoria de’ sofferti danni.
XIV
Bosco caliginoso orrido e cieco,
Valli prive di Sole e balze alpine,
Sentieri ingombri di pungenti spine,
Scoscesi sassi umido e freddo speco;