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14 |
M’accolse in grembo, in duo piedi m’alzai,
Inchinò il suo bel labbro al labbro mio:
Quando volea baciarmi, io mi svegliai.
XXIX.
La prima volta, che io m’avvenni in quella
Ninfa, che il cor m’accese, e ancor l’accende,
Io dissi: è Donna, o Dea Ninfa sì bella?
Giunse dal prato o pur dal Ciel discende?
5La fronte inchino in umil atto, ed ella
La mercè pur d’un sguardo a me non rende,
Qual vagheggiata in Cielo o Luna o Stella,
Che segue altera il suo viaggio, e splende.
Chi detto avesse a me! costei ti sprezza,
10Ma un dì ti riderai del suo rigore:
Che nacque sol per te tanta bellezza.
Chi detto avesse ad Essa! il tuo bel core
Sai chi l’avrà? Costui ch’or non t’apprezza
Or negate i miracoli d’amore!
XXX.1
Un giorno a’ miei pensier disse il cor mio:
Fidi pensier, che mi sa dir di voi
Quanta è la gloria de’ beati Eroi,
E come stansi in Ciel gli Angeli e Dio?
5Ah non potete far pago il desìo!
Stefano vide aperto il Ciel, ma poi
Tutto ei non disse: e fe’ ritorno a noi
Paolo, e si tacque; onde dispero anch’io.
Mentre pur fissa era mia mente in quelle
10Forme, a cui l’uman senso indarno aspira
Tanto comprese men quanto più belle,
Disse la Fama: e che? tuo cor sospira
Scorgere il Ciel qual’è sopra le stelle?
Vanne sul Ronco, entra nel Tempio, e mira.
- ↑ Per la Cupola della Catt. di Forlì dipinta da Carlo Cignani.