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Lieto cantando a un bel raggio di Luna,
«Intanto Erminia in fra l’ombrose piante».
Nè perchè roco ei siasi, o dolce ei cante,
Biasmo n’acquista, o spera lode alcuna:
5Canta così, perchè de’ carmi è amante,
Non perchè il sordo mar cangi fortuna.
Tal mi son’io che già per lungo errore
Solco un vasto Oceàno, e veggio, o parmi
Non lungi il porto, e canto inni d’Amore.
10Non canto nò per glorioso farmi,
Ma vò passando il mar passando l’ore,
E in vece degli altrui, canto i miei carmi.
XVI.1
Questi è il gran Raffaello. Ecco l’idea
Del nobil genio e del bel volto, in cui
Tanto Natura de’ suoi don ponea
Quanto egli tolse a lei de’ pregi sui.
5Un giorno ei qui, che preso a sdegno avea
Sempre far sulle tele eterno altrui,
Pinse se stesso, e pinger non potea
Prodigio che maggior fosse di lui.
Quando poi morte il doppio volto, e vago
10Vide, sospeso il negro arco fatale,
Qual, disse, è il finto o il ver? e qual impiago?
Impiaga questo inutil manto e frale,
L’alma rispose, e non toccar l’immago,
«Ciascuna di noi due nacque immortale.
XVII.
S’è ver ch’ogn’Uom intègro era da pria,
Ma poi si sciolse, e in duo partillo il Fato;
Talchè in questo ogn’un cerca ed in quel lato
Quelia parte di sè, ch’aver solìa:
5Certo, o Filli, sei tu l’altra già mia
Parte, onde intègro, e lieto era il mio stato;
- ↑ Ritratto di Raffaello d’Urbino dipinto da lui medesimo nel Palazzo Vaticano.